Antico Attrezzo per creare tappi o guarnizioni di sughero e storia del sughero
Ieri abbiamo parlato del cavatappi e della sua storia ( Vedi post ). E come vi avevo già anticipato, oggi parliamo del tappo.
Apriamo l’argomento con questo attrezzo dell’800, che serviva proprio per ritagliare tappi o guarnizioni di sughero il cui funzionamento è molto chiaro dalle immagini.
Forse qualche riflessione in più, è meglio farla sul materiale con cui vengono fatti i tappi e visto che la maggior parte sono fatti di sughero, parleremo anche di questo.
Proprio riguardo al tappo di sughero, il mondo del vino è precipitato in una profonda diatriba: c’è chi crede che sia l’unico sigillo valido da apporre alla bottiglia, e chi non è affatto dello stesso avviso e propone di fare un passo avanti nella tecnologia utilizzando qualcosa di più affidabile.
Del resto, per ottenere un prodotto enologico di qualità, è indispensabile miscelare sapientemente la competenza e le applicazioni tecnologiche con la poesia e la passione : la realizzazione di un vino non deve essere solo perfetto e prevedibile, ma con un’anima, capace di regalare emozioni.
Molte di queste innovazioni tecnologiche hanno riguardato nel tempo i contenitori utilizzati per contenere e trasportare il vino, così come lo strumento per sigillarli.
La bottiglia di vetro è stata importante nella storia del vino, poiché permette un invecchiamento a lungo termine del vino. Il vetro ha tutte le qualità richieste per una lunga conservazione: trasparente, igienico e riesce ad escludere completamente l’aria. Diede anche il via all’imbottigliamento diretto da parte del produttore, piuttosto che da parte del mercante di vino.
In precedenza il vino veniva venduto a barili (e ancor prima in anfore) ed eventualmente imbottigliato solo nella bottega del mercante. Le prime tracce storiche inerenti alle origini della bottiglia in vetro risalgono al I secolo d.C., quando nei territori siriani vennero realizzati, per la prima volta, piccoli contenitori di vetro tramite la tecnica del soffio nella pasta semi-liquida, che divergevano dai prodotti precedenti, tipicamente a forma di anfore e brocche e aventi pareti notevolmente più spesse a causa del procedimento tecnico tradizionale della colata del vetro in stampi….e da allora le cose non cambiarono poi di molto, tranne forse che per le forme e il colore.
Ricordo anche, come spiegato nel post di ieri, che per un certo tempo la bottiglia di vetro venne anche vietata per il commercio del vino.
Interessante sapere che esiste anche il “Museo Del Vetro e Della Bottiglia” a Sant’Angelo ScaloMontalcino (Siena).
A partire dalla metà del secondo millennio, invece, l’idea di usufruire della corteccia della quercia da sughero per garantirne la corretta conservazione nella chiusura, dischiuse scenari inimmaginabili
nell’orizzonte del gusto degli ultimi cinque secoli, oltre all’invenzione dello Champagne, che senza tappo di sughero non sarebbe mai nato.
Conosciuto e usato già nell’antichità come copertura di abitazioni, il Sughero è il costituente principale della scorza di grossi alberi, in particolare della Quercia da Sughero (Quercus suber), sulla quale arriva a formare un rivestimento di
parecchi centimetri.
E’ sbagliato pensare che si tratti di un materiale così comune: il sughero si ricava infatti dalla corteccia di una particolare quercia coltivata in pratica solo in 3 nazioni (tutte localizzate nel Mar Mediterraneo occidentale) : Portogallo, maggior paese produttore, Spagna e Italia ( principalmente in Sardegna ); produzioni minori le troviamo anche in Corsica, sud della Francia, nord Africa ( Marocco, Algeria, Tunisia ) e nella Maremma grossetana.
Attualmente su circa 36.000 km² di sugherete nel Mediterraneo ne vengono economicamente sfruttate circa 20.000 km² e vi vengono estratte circa 300.000 tonnellate di sughero l’anno, di cui circa 15.000 in Italia (12.000 solo in Sardegna).
Il sughero è un tessuto vegetale epidermico di origine secondaria, che riveste il fusto e le radici delle piante legnose nelle quali sostituisce l’epidermide, che viene lacerata dall’accrescimento secondario (diametrico) dell’organo.
Rappresenta quindi una sorta di vestito protettivo che difende la pianta dalle insidie ambientali quali la caldo-aridità del clima mediterraneo e quelle di origine antropica come il fuoco.
La quercia da Sughero ha una vita produttiva compresa tra i 100 e 150 anni anche se dalla gemmazione della ghianda occorrono 25/35 anni di crescita perché l’albero sia pronto per la prima decortica detta anche la demaschiatura ( secondo la legge nazionale 7-59 del 18/07/56 quando raggiunge la circonferenza di 60 cm a petto d’uomo ).
Da questa prima raccolta si ottiene il sugherone (sughero maschio o vergine) la cui caratteristica corteccia rugosa non è adatta alla produzione di tappi ed è adatta soprattutto ad essere macinata per ricavarne granulato di sughero da impiegarsi in edilizia come isolante termo acustico, sia allo stato sfuso, sia agglomerato in pannelli.
Si vedono spesso sugherete con i fusti della pianta di un bel rosso corallo che contrasta con il verde scuro del fogliame. Sono le piante appena decorticate. Dopo la prima decortica e per tutte le altre successive, la quercia da sughero impiega 8- 10 anni per rigenerare la corteccia, producendo sughero femmina o gentile, che si presenta liscio, compatto, leggero, elastico ed impermeabile, molto piu adatto alle lavorazioni.
Le piante si decorticano per legge ogni 10 anni, incidendo con un’accetta speciale la corteccia in corrispondenza della prima biforcazione dei rami e aprendola fino al piede con un taglio longitudinale. Da una pianta giovane si raccolgono circa 15 kg di corteccia che arrivano a quasi 200 kg in una pianta centenaria. La decortica è una fase molto delicata, affidata all’esperienza di operai specializzati (scorzini); nel caso in cui venisse danneggiata la zona generatrice (fellogeno) sarebbe irrimediabilmente compromessa la successiva ricrescita della preziosa corteccia.
Dal letto di caduta nel bosco le plance appena estratte vengono portate nei cortili delle fabbriche dove resteranno per mesi a stagionare.
Quindi, bollite e pressate, perdono la loro curvatura e sono pronte a rispondere alle cento domande dell’uomo.
II materiale risultante è inerte, composto da 30-50 milioni per centimetro cubo di cellule chiuse, sature d’aria, con una parete cellulare impregnata di suberina (resina naturale del sughero) e contenente quantità elevate di tannino. È un tessuto
pluristratificato, con cellule regolarmente distribuite in file sovrapposte e privo di spazi intercellulari. La parete secondaria delle cellule è costituita da strati alternati di suberina e cere. A maturità le cellule del sughero muoiono, il protoplasto degenera e viene
sostituito da aria. Le cellule del sughero possono apparire colorate (in giallo, bruno) a causa di tannini e/o resine presenti nel lume cellulare.
Il sughero con la sua struttura compatta e impermeabile rallenta gli scambi gassosi fra esterno e strati profondi del fusto: sono presenti delle strutture dette lenticelle il cui tessuto non è suberificato, che sono zone di passaggio dei gas. E’ scarsamente permeabile
all’acqua e ai gas ed è un ottimo isolante termico ed acustico, resiste bene all’usura, al fuoco e all’attacco di roditori ed insetti, ha delle spiccate doti estetiche, caratteristiche di elasticità, di stabilità dimensionale, di resistenza alla bollitura e
di resistenza all’attacco di organismi fungini, è antivibratile e anticondensa.
Gli impieghi più richiesti riguardano la produzione dei tappi, ormai orientata su un modello di tappo capace di rispondere alle più raffinate esigenze della vinificazione moderna. Il risultato è un turacciolo che riduce al minimo l’assortimento dei vini, anche quelli detti vivi, escludendo così il fenomeno della colosità (dal francese couler, fuoriuscita di di liquido dalla bottiglia). Ma oggi grazie alle sue caratteristiche di elasticità e di impermeabilità ai liquidi e ai gas, di resistenza all’usura, e per le sue molteplici varietà cromatiche, il sughero viene trasformato in guarnizioni, solette per zeppe e calzature, in agglomerati per l’isolamento termo-acustico, rivestimenti di interni; è molto richiesto nell’arredamento moderno e si è creato un proprio spazio con nuove forme di pressione nel settore dell’artigianato.
Inoltre mediante un particolare processo di lavorazione è possibile ottenere il sughero espanso autocollato, un prodotto molto prezioso utilizzato per l’isolamento termico nell’edilizia. Esso è inoltre impiegato, nella fabbricazione del linoleum, dei dischi per tappi-corona, delle mattonelle per pavimento e per rivestimento, delle guarnizioni per macchine e motori, dei frontali per cappelli, dei caschi coloniali, dei galleggianti, dei bocchini per sigari e sigarette, delle carte da visita e per calendari, dei granulati per imballaggio di frutta, di uova, di fiori freschi, ed in numerose altre applicazioni.
Le industrie per la lavorazione e la trasformazione del sughero sono invece localizzate in Portogallo e nel nord della Sardegna (distretto industriale di Tempio Pausania-Calangianus).
L’industria dei tappi in sughero per vini di pregio costituisce ancora oggi il 70% del mercato mondiale del sughero, corrispondente a circa 15/20 miliardi di tappi l’anno, dei quali circa la metà in sughero pregiato monopezzo per vini di qualità e l’altra metà
in agglomerati per vini di media qualità. La quasi totalità della produzione italiana del sughero, trasformata in tappi di bottiglia, è attualmente assorbita dai produttori vinicoli.
Dopo mezzo millennio di uso intensivo anch’esso comincia a mostrare dei segni di cedimento: ciò si spiega a fronte del fatto che negli ultimi cinquant’anni la richiesta del sughero è aumentata in modo incontrollabile, causando dei tagli sul tempo di ricrescita della corteccia e su quelli di stagionatura, molto importanti. Accelerando complessivamente i tempi di produzione dei tappi, essi sono andati incontro ad un crollo inevitabile di qualità; ciò costituisce un problema soprattutto per i produttori che lavorano ad un prodotto di alta qualità, e che sempre più spesso vedono vanificati i propri sforzi in direzione dell’eccellenza, a causa del famigerato e tanto temuto “sentore di tappo”, inconveniente spiacevole anche per il malcapitato consumatore che magari si è accaparrato la
bottiglia al costo di cifre esorbitanti…
Il tipico odore “di tappo” dipende quindi proprio dal materiale di cui è fatto. Come abbiamo visto, i tempi per l’estrazione del sughero dalla pianta sono lunghi. Con l’aumentare dei volumi di produzione e di consumo di vino in tutto il mondo, in futuro difficilmente potremo fare a meno di tappi alternativi per i vini più giovani, mentre per quelli più importanti e longevi il sughero continuerà ad essere insostituibile sia per una questione di piacevolezza estetica che tecnica: infatti attraverso il turacciolo il vino “respira” e consente la corretta evoluzione dei grandi vini rossi e bianchi. Solo un vino conservato in una bottiglia di vetro con un buon tappo di sughero, infatti, raggiunge le sue più raffinate prerogative di bouquet. Nessun succedaneo del vetro e del sughero consente di raggiungere queste ambite mete, permettendo che il valore del vino sia tutelato nel tempo.
Il settore più tradizionalista del mondo del vino, insiste nell’affermare che soltanto il 2% delle bottiglie sono “contaminate” dallo sgradevole sentore di tappo, mentre la lobby più innovativa oppone una tesi differente, sostenendo che lo sarebbe addirittura una bottiglia su dieci. Anche uno dei maggiori esperti di vino nel mondo, l’autorevole giornalista enogastronomico inglese Hugh Johnson, ha sposato questa teoria, indicando come impellente ed inevitabile la necessità di voltare pagina sull’argomento e presagendo che nell’arco di tre o quattro anni al massimo, la maggior parte del vino venduto nei supermarkets inglesi sarà sigillato attraverso il tanto denigrato tappo a corona. Johnson è convinto inoltre che questo cambiamento investirà persino le bottiglie presenti nella carta dei vini dei più costosi ristoranti, poiché essi non fanno correre il rischio di contaminare il prezioso nettare, oltre a garantirne la più corretta conservazione ed un’apertura facilitata; non rileva motivi validi dunque di ostinarsi a questo aspetto del vino, antico ed affascinante retaggio del passato, a scapito della sua integrità qualitativa, perché ciò che conta è il vino in sé e non il suo “abito”, per così dire. Come evidenziato recentemente dalla prestigiosa rivista di enologia inglese Decanter, e da molti tecnici, nell’immediato futuro, il tappo a vite costituisce la migliore alternativa al sughero anche per le bottiglie di media-buona qualità. Perché si tratta di una chiusura, che oltre a non trasmettere odori estranei, permette di mantenere e salvaguardare meglio l’aroma ed il sapore del vino, in
particolare di quello bianco.
Tuttavia, nonostante questo ed altri illustri pareri, il sughero è ancora usato nel 90% circa della produzione mondiale di vino. Non solo, il mondo del vino sembra voler rimuovere il problema: è stato sancito per legge l’uso tassativo del tappo di sughero,
come dimostrano tutti i nuovi disciplinari di Doc di pregio e Docg. Al fine di promuovere l’immagine e la qualità del prodotto e sostenere il mercato del tappo in sughero di pregio è stata introdotta la Certificazione di Qualità FSC (Forest Stewardship Council) sulle sugherete. Secondo un rapporto del WWF si prevede che a seguito della crisi dell’uso del tappo in sughero e al conseguente abbandono dello sfruttamento economico dei boschi, nei prossimi 10 anni potrebbe andare perduto il 75% delle sugherete
nel Mediterraneo occidentale, per una superficie pari a 2/3 della superficie della Svizzera (circa 27.000 km²), la perdita di circa 62.500 posti di lavoro e la scomparsa di diverse specie già a rischio di estinzione.
Senza dubbio persiste in questo ambiente un forte attaccamento alla tradizione e la prospettiva di perdere parte di ciò che contribuisce al creare fascino e poesia intorno ad una bottiglia di vino, provoca un po’ di tristezza soprattutto ai più tradizionalisti.
I sommelier ma anche ogni buon intenditore prima di gustare il vino o di servirlo agli ospiti, annusa il tappo e il vino stesso per verificare subito che come comunemente diciamo non odori “di tappo”.
L’odore di tappo nella maggior parte dei casi è dovuto a particolari muffe presenti nel sughero che per sopravvivere producono microscopici organismi chiamati spore, capaci di resistere all’acqua bollente, ai raggi gamma, agli ultrasuoni e alle microonde. Ma esiste anche un falso gusto di tappo che in realtà è un odore di legno secco derivato dalle botti vecchie e mal conservate, usate per maturare alcuni vini nelle cantine più piccole e poco attrezzate, ma questo ormai avviene sempre più raramente.
Buone alternative al sughero sono già state pensate e messe in commercio, anche se gli appassionati produttori e consumatori di vino stentano ancora ad utilizzarle. Ad esempio recentemente sono stati elaborati dei tappi di plastica, che consentono una microossigenazione in modo del tutto simile a quella garantita dai migliori tappi di sughero. Nonostante questo si stima che nel mondo sia utilizzato solo nel 7% dei casi. La stessa percentuale di utilizzo si riscontra per i tappi a vite, ma nel nostro paese i vini tappati con questo metodo sono ancor meno e generalmente di qualità mediocre. Tecnicamente non presentano alcuna controindicazione, infatti la parte a contatto con il vino è perfettamente atossica ed è costituita da una guarnizione di plastica alimentare. Nel tentativo poi di salvaguardare anche l’estetica del prodotto, si è pensato di utilizzare il vetro: ne è nato un tappo a forma di fungo che viene inserito nel collo della bottiglia e la cui tenuta è assicurata da una guarnizione in silicone, ma che ha l’unica controindicazione di essere troppo fragile, per cui dev’essere rivestito da una capsula di metallo e questo lo fa somigliare esternamente al tappo a vite. Infine c’è il semplice tappo metallico a corona: sarebbe un’alternativa perfetta se non fosse inesorabilmente collegato nella mente dal consumatore a tutt’altro tipo di prodotti, come acque minerali e bibite.
Per alcuni anni le bottiglie tappate con il sughero continueranno comunque ad essere la maggioranza, soprattutto, se si tratta di vino di alta qualità, per cui ci sarà ancora la possibilità di incappare nel famoso odore di tappo, ecco allora qualche consiglio: non conservate le bottiglie in piedi pensando che il vino che non tocca il tappo di sughero non venga rovinato, il tappo potrebbe seccare e far entrare aria rovinando il vino comunque; è inutile lasciare la bottiglia aperta aspettando che il difetto svanisca, non ci sono rimedi a questo difetto.
Anche provare a “riciclare” il vino in cucina, per esempio per sfumare il risotto, si rivelerà una cattiva scelta perché con la cottura l’odore di tappo si concentra e rovina irrimediabilmente anche il cibo.
Un po’ di foto…..:
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Salve,
scrivo alla sua cortese attenzione per sapere come posso reperire questo attrezzo per creare tappi di sughero e l’eventuale costo.In attesa di una Sua risposta la ringrazio per l’attenzione concessa.
distinti saluti
Comment by Leonardo — 30 Dicembre 2010 @ 17:27Caro Leonardo, questo attrezzo l’ho visto solo una volta nei mercatini
Comment by Rino — 30 Dicembre 2010 @ 17:28e l’ho acquistato ,E’ senz’altro una rarità, forse pezzo unico fatto fare su ordinazione a qualche bravo artigiano, da qualche farmacia o profumeria
I vari pezzi non portano nessun segno identificativo o marchio.
Un caro saluto. Rino