Archive for the ‘Attrezzi’ Category
3 Dicembre 2010
Tags: Alberto Sordi, La Grande Guerra, Mario Monicelli, portaordini, vecchio
Vecchio Portaordini
In questi giorni, le cronache, i giornali e le trasmissioni televisive, “tra un WikiLeaks e un Festino” qualche volta si sono ricordati di parlare anche del grande Mario Monicelli, morto suicida il 29 novembre all’età di 95 anni…
Nato da una famiglia di origine mantovana, e cresciuto a Viareggio, vive nella Viareggio degli anni trenta. Frequenta a Milano il liceo classico Giosuè Carducci e si laurea in storia e filosofia…e arriva al cinema….
Assieme a Alberto Mondadori, amico, cugino e collaboratore, dirige nel 1934 il cortometraggio Cuore rivelatore, a cui fa seguito, sempre nello stesso anno, un mediometraggio muto, I ragazzi della via Paal, presentato e premiato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Dirige nel 1937 il suo primo lungometraggio, insieme ad alcuni amici, Pioggia d’estate.
Critico cinematografico dal 1932, negli anni tra il 1939 ed il 1949 fu attivissimo come aiuto-regista e come sceneggiatore, collaborando a circa una quarantina di titoli. L’esordio registico ufficiale avviene in coppia con Steno, con una serie di film che i due registi realizzano su misura per Totò. Dal 1953 inizia a lavorare da solo, continuando la feconda attività di sceneggiatore, che lo porta a contatto con molti altri famosi cineasti dell’epoca. Monicelli ha firmato alcuni capolavori del dopoguerra italiano, contribuendo ad uno dei periodi più floridi del cinema del nostro paese, entrando di diritto nella storia.
Vecchio Portaordini
Nella sua lunga carriera ha collaborato con tutti i più importanti attori italiani: Alberto Sordi, Totò, Aldo Fabrizi, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Amedeo Nazzari, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman, Ugo Tognazzi, e moltissimi altri ( non me ne voglia nessuno se non nomino proprio il preferito….)
I film famosi sono numerosissimi… Ma oggi, in tema con il mio blog, ne nomino uno che mi ha colpito particolarmente, quello che molti considerano il suo capolavoro, il film che lo rende (more…)
12 Novembre 2010
Tags: acqua, acquaioli, artesiane, artesiano, freatiche, freatico, mantéia, pozzo, rabdomante, rabdomanzia, rábdos, radioestesia, rampin, raschio, vera
- Antico Raschio o Rampin da Pozzo
L’oggetto di oggi, è un antico attrezzo del 1700/1800 in ferro battuto chiamato anche “raschio” o “rampin” da pozzo .
Veniva così chiamato perchè serviva a recuperare i secchi dei pozzi d’acqua.
E’ costituito da vari uncini e veniva calato in un pozzo per recuperare i secchi caduti in acqua che si sganciavano dal gancio ( a sua volta legato ad una corda ) e che con l’aiuto di una carrucola venivano issati in superficie.
A volte il recupero era semplice.. ma a volte complicato, e pertanto si usavano questi attrezzi di varie forme e con più o meno ganci per il recupero.
Ai nostri tempi nessuno si preoccupa più da dove viene l’acqua… e i più giovani non sanno quanto fosse difficile una volta averla, andarla a prendere presso il fiume, il ruscello o il fosso.
Spesso non era a portata di mano (ricordate gli acquaioli ? vedi Post ), così si costruivano i pozzi.
Oggi si confonde il pozzo con la struttura esterna in superficie. Ma non è corretto.
Il termine pozzo indica, in generale, una struttura artificiale, solitamente di forma circolare e di dimensioni variabili da caso a caso, da cui, in genere, si estrae dal sottosuolo l’acqua delle falde, che possono essere freatiche oppure artesiane, a seconda che il flusso dell’acqua che le permea sia “a pelo libero” oppure “in pressione“. In dipendenza dell’uno o dell’altro caso anche il pozzo si definisce freatico oppure artesiano.
Nel gergo comune con pozzo freatico si intende il classico pozzo di grande diametro rivestito in pietra o mattoni che spesso si ritrova nei cortili delle case di campagna o nei chiostri dei conventi. Vengono comunemente chiamati pozzi freatici anche i pozzi di grande diametro realizzati con anelli di calcestruzzo, che possono essere considerati la versione moderna del vecchio pozzo da campagna.
Con l’espressione pozzo artesiano si intende invece il pozzo profondo e di piccolo diametro scavato con una trivella, montata usualmente su un camion attrezzato o su un mezzo cingolato semovente.
Questa classificazione utilizzata nel gergo comune non è corretta da un punto di vista idrogeologico.
Tecnicamente infatti le espressioni pozzo artesiano e pozzo freatico prescindono dalle modalità costruttive dell’opera, dal diametro e dalla profondità della perforazione ma dipendono unicamente dalle caratteristiche dell’acquifero intercettato.
Antico Raschio o Rampin da Pozzo
In particolare un pozzo è freatico o artesiano se l’acquifero in cui è perforato si trova in condizioni freatiche o artesiane.
Se l’acqua che penetra nel terreno si arresta e si accumula su uno strato impermeabile, dà origine ad una falda acquifera. Se interessa il terreno prossimo alla superficie, alimentata direttamente dalle acque delle piogge, dello scioglimento delle nevi e dei ghiacci o dalle infiltrazione dai corsi d’acqua sovrastanti, è detta falda freatica.
Se interessa zone situate sotto lo strato impermeabile, è detta falda profonda; se questa è contenuta è contenuta fra due strati impermeabili, la sua superficie “batte” contro quello superiore; essa è detta falda artesiana ed è in pressione, come in una condotta forzata.
Le acque e i pozzi freatici o artesiani sono rispettivamente derivati dalle falde freatiche ed artesiane.
Nei pozzi freatici l’acqua, unicamente sottoposta alla pressione atmosferica, giunge (more…)
1 Giugno 2010
Tags: Acescenza Bacterium aceti, calante, crescente, fasi lunari, fermentazione malolattica, Filante, Fioretta Mycoderma vini, Girato, imbottigliare, imbottigliatrice, La Meilleure by B.F., luna, nuova, SGDG, vecchia, vino
Antica Imbottigliatrice La Meilleure
Abbiamo già parlato del sughero e dei tappi di sughero ( Vedi post ).
E anche della mia mini collezione di cavatappi o levaturaccioli e della loro storia ( Vedi Post ).
Non resta che parlare di come si imbottiglia il vino.
In casa ho questo oggetto che tengo in cucina, e spesso mi torna utile per ritappare qualche bottiglia non bevuta fino in fondo…
Si tratta di una vecchia imbottigliatrice francese, rara, marcata “La Meilleure by B.F. (Paris Floor)” risalente al 1925.
È fatta tutto in ferro massiccio con raccordi in ottone e manico in legno. La sua vernice originale è verde ed è funzionante. La scritta in rilievo : LA MEILLEURE BTLE SGDG (Sans garantie du governo, cioè senza garanzia dello Stato, una menzione dello stato giuridico liberando da ogni responsabilità per il corretto funzionamento del dispositivo) . La ciotola in ferro sulla base è per contenere i tappi di sughero da utilizzare. Si legge: “Echanner les bouchons” .
Antica Imbottigliatrice La Meilleure
Misura circa 110 Cm Altezza – 57 Cm Larghezza – 36 Profondità.
Ma chi di voi imbottiglia ancora il proprio vino ? Chi ha ancora questa passione ?
Il vino in damigiana è una tradizione da non perdere.
Damigiana non è sinonimo di bassa qualità, ma un modo di bere quotidiano che consente un risparmio notevole, e di fare una scorta dei nostri vini preferiti.
Ma la damigiana è un buon contenitore per un periodo di tempo relativamente corto, quindi non lasciate il vino nelle damigiane più del necessario.
Se state muovendo i vostri primi passi nell’imbottigliamento del vino comprato in damigiana, ecco qualche utile consiglio ( anche se in molti potrebbero darne a me…..visto che non sono un grandissimo intenditore….).
L´imbottigliamento dei vini è la fase finale di tutte le lavorazioni che essi subiscono. E´ un´operazione fondamentale per consentire al vino di continuare e poter concludere quel processo iniziato con la maturazione nei vasi vinari. E dopo il riposo in
botte, o recipienti adatti, arriva il momento dell’imbottigliamento.
Antica Imbottigliatrice La Meilleure
Infatti, mentre nei fusti di legno prevalgono i processi ossidativi, nelle bottiglie avvengono processi essenzialmente riduttivi. E´ proprio in questa fase che gli elementi del vino e le caratteristiche organolettiche, si affinano ulteriormente così da fornire quei meravigliosi bouquet che conferiscono pregio e prestigio ineguagliabile a molti vini di qualità.
Una volta ottenuto il vino, quindi, non tutto il lavoro è finito poiché evolve cambiando di colore, sapore, profumo a seconda della fase del ciclo in cui si trova; colore e sapore sono strettamente congiunti.
Le fasi del ciclo sono cinque: all’inizio il vino è “acerbo”, poi è “giovane”, quindi è “pronto”, dopo di che è “invecchiato” ed infine è “vecchio”. Tale ciclo non ha stessa durata per tutti i vini ma esso varia da un periodo minimo
(more…)
13 Maggio 2010
Tags: affioramento, Alexanderwerk, burrificazione, burro, cagnassa, crema di latte, Husqvarna, impastatura, lavaggio, Martin Lutero, maturazione, menar la pegna, panna, pastorizzazione, produzione, scrematura, The Cork Butter Museum, zangola
Antica Zangola per produrre Burro
Qualche tempo fa, abbiamo parlato di una bilancia particolare….
Era una bilancia che serviva per determinare una delle qualità del burro….in quel caso quanta acqua conteneva il burro ( Vedi Post).
Così, mi è tornato in mente che tra la moltitudine di oggetti che ho, ( i miei ferri vecchi ), ho anche degli oggetti legati alla produzione del burro stesso.
In questo caso ho recuperato una coppia di antiche Zangole a monavella. Una è marchiata Husqvarna e l’altra Alexanderwerk.
Husqvarna è un marchio utilizzato da svariate fabbriche, tutte comunque collegate con la Husqvarna Vapenfabrik (Husqvarna fabbrica di armi), fondata nel 1689 per produrre moschetti destinato all’esercito svedese. Il logo Husqvarna è composto dalla rappresentazione schematica della sezione trasversale d’una canna di fucile sormontata dal mirino. Il nome deriva dal nome della città in cui venne fondata questa fabbrica, Huskvarna con una piccola variazione di scrittura. Esiste un piccolo museo aziendale nella città, vicino alle parti più vecchie della fabbrica.
Alexanderwerk AG, invece è stata fondata da Alexander von der Nahmer a Remscheid, in Germania nel 1885.
Nata come una fonderia di ferro con officine meccaniche per la produzione di macchine ed apparecchi per industrie, così come apparecchiature domestiche ed elettrodomestici. L’azienda si è poi sviluppata ed ebbe fama internazionale nonchè divenne marchio ricercato. Numerose le ricerche ingegneristiche concentrate sullo sviluppo e la fabbricazione di macchine speciali e attrezzature per l’industria chimica, farmaceutica e delle industrie connesse, nonché macchine alimentari.
Ma cos’è la Zangola ??
La zangola è un attrezzo che serve per la produzione del burro.
Detta anche Panègia (o in dialetto lombardo: penagia, penegia , in bergamasco penac o in veneto Pegna cun manoela ) , ne esistono di diverse capacità, dal litro alla decina di litri.
Antica Zangola aManovella per Produrre Burro
C’è quella più antica a stantuffo e quella rotatoria, introdotta più di recente ( in commercio oggi ci sono quelle elettriche).
Quella a stantuffo e un recipiente di legno di forma cilindrica o tronco-conica utilizzato per sbattere la panna e trasformarla in burro.
Consiste di un cilindro col fondo chiuso e un coperchio forato al centro; nel foro passa l’asta di uno stantuffo che reca all’estremità alta l’impugnatura per agitare e a quella bassa, nel cilindro, un disco di legno di diametro di poco inferiore a quello
interno del cilindro. Tutte le parti sono in legno. La panna viene versata nel cilindro che viene quindi chiuso col cilindro e lo stantuffo, dopodiché
(more…)
22 Aprile 2010
Tags: ad arco, anidride arseniosa, carie, cavadenti, dentifricium, dentina, dentista, estrazione, etere solforico, Fra Orsenigo, getto di plasma, lampi di gas, Mergarh, odontoiatra, odontoiatria, Pellicano Dentale, Pierre Fauchard, Plinio il Vecchio, protossido di azoto, smalto, storia, tenaculum, trapano
Vecchio Trapanoda Dentista
Lo strumento che vediamo oggi, è di suo molto interessante per l’ingegno con cui, tramite delle pulegge e un cordino, si trasmette il movimento rotatorio dal motore ( 100 V ), al trapano…. ma incuterà
paura se non addirittura terrore ai più…
Si tratta di un vecchio trapano per dentista, completo dei vari accessori, con l’azionamento tramite apposito interuttore a terra da usarsi con i piedi in modo da avere sempre le mani libere.
C’è un motivo per cui andare dal dentista ( o Cavadenti….com’erano chiamati una volta ) è così terrificante per molte persone (me compreso).
Nella storia della medicina, le operazioni ai denti sono ricordate come tra le più dolorose per l’essere umano. Questo sia per i metodi primitivi utilizzati per migliaia di anni, sia per il fatto che il cervello dedica una buona porzione della sua massa al dolore, in particolare quello dentale.
Vecchio Trapanoda Dentista e Accessori
Ma c’è un dato confortante: dal secolo scorso gli strumenti utilizzati da un dentista si sono fatti via via sempre più sofisticati, e buona parte della ricerca è volta proprio a lenire o a sopprimere completamente il dolore provocato da ascessi, carie ed altri problemi
dentali, oltre che dalle operazioni dei dentisti.
Ma così non era qualche millennio fa, quando ci si doveva arrangiare con i pochi strumenti e tecnologie a disposizione, ed avere una discreta tolleranza al dolore
Come operavano i dentisti preistorici ?
Sostanzialmente con le medesime tecniche messe a punto e sperimentate con successo per la fabbricazione delle minuscole perline in osso, conchiglia marina, steatite, calcite, turchese, lapislazzuli usate per cuffie, collane, braccialetti, cinture e cavigliere rinvenute in abbondanza in siti archeologici a Mergarh ( uno dei più importati siti neolitici, sorto tra il 7000 a.C. ed il 3200 a.C. in Pakistan ) .
Lo strumento principale era il trapano in legno ad arco attrezzato con una piccola punta in selce, azionato mediante un apposito archetto. La stessa perizia è stata riscontrata nelle perforazioni sui denti. I casi meglio conservati mostrano infatti delle perforazioni non lontane per morfologia da quelle che si ottengono oggi con ben più raffinati strumenti. La perizia del provetto “gioielliere” si trasferì presumibilmente in un ottima “dentistica”. Le analisi al microscopio elettronico mostrano che, dopo la fase di trapanazione
(more…)
16 Aprile 2010
Tags: Cip, cottura, dialetti, frittura, frutto del diavolo, manodomestici, modi di dire, Mr.Potato, olio, pelapatate, preparazione, punto di fumo, sbucciapatate, semi, storia, varietà, vodka
AnticoPelapatate
Qualche giorno fa vi avevo già parlato della patata, della sua storia e dei manodomestici (Vedi Post).
Oggi, visto che ho scovato un’altro bel pelapatate ( o sbucciapatate ) sempre dell’800, parliamo ancora della patata, e di alcune curiosità.
Certo che anche questo, come l’altro, è un articolo che definisco Leonardesco per la complessità….
Ma torniamo alla curiosità sulla patata….
Storia :
Come abbiamo già visto, la patata, originaria delle Ande, già all’epoca delle civiltà Azteca ed Incas veniva coltivata in Messico, Perù, Bolivia ed Ecuador.
In Europa questo tubero, appartenente alla famiglia delle Solanacee, fu importato nel corso del ‘500 dai conquistadores spagnoli e per quasi un secolo fu considerato una “curiosità” botanica. In Italia, la
coltivazione della patata si diffuse all’inizio del ‘600, dapprima in Toscana e in Veneto, successivamente in Emilia-Romagna e nell’Italia Meridionale.
La patata, per numerosi anni, non godette di una buona fama. Anzi ! I motivi di tale antipatia erano tanti, ad esempio per la sua forma bitorzoluta che ricordava le eruzioni della lebbra.
Inoltre l’originario color vinaccia della buccia era mal visto. Ma anche il fatto che invece di nascere dai fiori o dai rami degli alberi cresceva nelle profondità della terra restava inspiegabile, e come se tutto questo non bastasse, non era mai stata citata nella Bibbia. Tutto questo creò intorno all’innocuo tubero un alone diabolico, tanto che ci furono esorcismi, processi e condanne al rogo ai danni di sacchi di patate.
In Russia si preferì a lungo morire di fame piuttosto che cibarsi del “frutto del diavolo”, mentre in Prussia per incoraggiare l’uso e la coltivazione, nell’anno 1651 fu emanato un editto in cui si condannava al taglio del naso e delle orecchie
(more…)
7 Aprile 2010
Tags: Antoine Augustin Parmentier, belladonna, carestia, Cristoforo Colombo, dulcamara, Francisco Pizarro, George Crum, Irlanda, Juan de Castellanos, manodomestici, Moon Lake Lodge, patata, pelapatate, ruggine, sbucciapatate, solanacee, solanina
Antico Pelapatate a Manovella
Girando per la moltitudine di oggetti, anzi, di “ferri vecchi” che ho per la casa, cercando di trovare qualche cosa che non avevo ancora fotografato ( e di oggetti ne ho ancora moltissimi !! ), mi sono imbattuto in questo splendido pelapate o sbucciapatate.
Da quanto è complesso, si potrebbe pensare che l’abbia progettato Leonardo da Vinci !!! Ma questo è molto più vecchio di Leonardo…..risale al 1300 !
Si tratta di un bellissimo manodomestico : è in poche parole un antenato degli elettromestici, utensile per la cucina o per la casa studiato per aiutare le massaie nel lavoro quotidiano ( e non solo le massaie ); piccole invenzioni per la vita di tutti i giorni.
Molti dei manodomestici provengono dagli Stati Uniti, stato all’avanguardia per la creazione di questi originali brevetti.
I primi processi d’automazione e controllo della casa risalgono al periodo tra il 1800 e il 1900. In tal epoca è stato possibile diffondere nelle società industriali l’energia elettrica sui vari territori nazionali, contestualmente a importantissime invenzioni come la lampadina di T.A.
Edison e ai primi manodomestici cui furono applicati i primi motorini elettrici. Il primo esemplare di un’elettrodomestico, fu presentato nel 1883 all’Esposizione di elettrotecnica di Vienna, ed esso consisteva in una pentola di vetro in cui l’acqua veniva fatta bollire con una spirale di platino riscaldata; nello stesso anno si costruirono bollitori, stufe elettriche, ferri da stiro, e da quel momento lo sviluppo e lo Studio degli elettrodomestici ha percorso tanta e tale strada che ancora oggi è pienamente in atto, pronta a produrre modelli sempre più sofisticati ed elaborati.
Da quel fatidico anno le nostre case cominciarono, dapprima con cauto ottimismo, a presentare un numero sempre maggiore di strani
(more…)
2 Aprile 2010
Tags: batteria, Ferrania, flash, Instamatic, macchina fotografica, Solaris, vecchia
Vecchio Flashper macchina fotografica Ferrania
Qualche giorno fa abbiamo parlato della storia del Flash partendo da uno di quelli al magnesio.
Oggi, ripropongo quindi una versione già molto più moderna : si tratta di un flash anni 60, della Ferrania.
Il flash è alimentato da batteria da 22, 5 volt, oggi fuori commercio ed era controllato direttamente dalla macchina fotografica tramite il cavetto visibile nelle foto.
La Ferrania S.p.A. è una storica fabbrica del Novecento di Cairo Montenotte (Savona), di materiale fotografico con sede a Ferrania (SV), in Italia ed ha anche uno stabilimento di produzione di
pellicole negli Stati Uniti d’America a Weatherford.
Ferrania rimase l’unico produttore delle pellicole nel formato 126 “Instamatic”, dopo che Kodak ne cessò la produzione nel 1999, ma all’inizio del 2007 anche Ferrania smise di produrlo.
L’azienda produce inoltre componenti per stampe a getto d’inchiostro, pellicole per raggi X (produzione dismessa durante il 2008), fotocamere digitali, materiali per arti grafiche, plastiche speciali, software per realtà ospedaliere (produzione venduta ad altra ditta nel 2008).
Famose le pellicole fotografiche in taglie da 110, 135 ed APS col
(more…)
1 Aprile 2010
Tags: accendino, anti-tempesta, antivento, benzina, da barca, Mr. George G. Blaisdell, spirale elettrica, Zippo
Vecchioaccendino antivento
Parlando ieri dell’acciarino, siamo finiti a parlare poi degli accendini e della loro storia (Vedi Post).
Mi sono ricordato così, che da qualche parte avevo questo vecchio accendino antivento da barca, con stoppino a benzina e con ghiera saliscendi anti-tempesta.
L’ho trovato in un mercatino dell’antiquariato, e mi è sembrato subito un articolo interessante in quanto il sistema adottato per proteggere la fiamma è proprio ingegnoso.
Gli accendini antivento sono uno dei prodotti che negli ultimi anni ha avuto più successo per quanto riguarda gli articoli per fumatori, poiché permettono l’accensione della fiamma in qualunque condizione.
Non sono utili solamente ai fumatori, ma includiamo anche campeggiatori che lo utilizzano per accendere il fuoco, o navigatori, pescatori, cacciatori e molte altre categorie che si trovano spesso all’aria aperta e in condizioni meteorologiche pessime.
Le tipologie sono generalmente due, quelli a spirale elettrica, e
(more…)
31 Marzo 2010
Tags: a esche, a sfregatoio, accendiesca, acciaio, acciarino, aria pneumatica, assalini-acciarino, assalino, Auer von Melbach, bati-assalini, compressione adiabatica, F. J. Fénian, fiammiferi, focile, focus, fògola, fogolènda, folandieri, folenda, fomes fomentarius, fosforici, fucile, fungo-esca, fuoco, Gustaf Erik Pasch, J. J. L. Chancel, Johan Edvard Lundström, John Walker, Leonardo da Vinci, luciferi, mummia di Similaun, ossigeno, Otzi, pietra d'archibugio, pietra focaia, pietra-folenda, pietrina, pirite, Pyrodes di Cilicia, quarzite, selce piromaca, sodio, svedesi, zolfanello
- Vecchio Acciarino a Pietrina
Accendere il fuoco, ai nostri tempi, è cosa facile e ovvia con molteplici metodi possibili, dai fiammiferi agli accendini.
Una volta, la faccenda era diversa.
Fino alla fine del diciannovesimo secolo, i fiammiferi erano ancora cose rare e a volte pericolose.
L’accensione del fuoco avveniva con metodi che oggi sono staticompletamente dimenticati.
Le prime testimonianze archeologiche di focolari primitivi risalgono a circa 500.000 anni fa.
Sembra però che il controllo del fuoco divenne più frequente intorno ai 250.000 anni fa.
All’inizio, gli uomini primitivi sfruttavano fuochi accesi da cause naturali, quali fulmini o eruzioni vulcaniche, soltanto più recentemente essi impararono ad accenderlo da soli.
Vi siete mai chiesti come facessero gli uomini primitivi ad accendere il fuoco dal momento che non avevano fiammiferi nè tanto meno accendini a gas?
Eppure ci riuscivano! Poichè non vivevano in case confortevoli e dotate di riscaldamento come le nostre, ma vivevano in capanne esposte ai gelidi venti invernali, alla pioggia e alla neve, essi erano certamente molto più motivati di noi ad avere un fuoco
acceso. Di questo si avvantaggiarono soprattutto gli uomini che dall’Africa si erano stanziati in zone climatiche più fredde quali l’Europa e l’Asia.
Il fuoco non significava solo potersi scaldare, ma anche potere cuocere del cibo e mangiare qualcosa di caldo. Poteva servire anche per avere un po’ di luce di notte e soprattutto per tenere lontane i grandi carnivori.
Il fuoco serviva anche agli antichi sacerdoti perchè attraverso le sue fiamme parlava loro di cose successe in tempi remoti e di cose che sarebbero avvenute in un lontano futuro.
Insomma, bisognava saperlo accendere!
Gli uomini primitivi seguivano mandrie di animali durante le loro migrazioni e sapevano anche come portare con sè delle braci in un apposito
(more…)
30 Marzo 2010
Tags: brevetto, bulbo di vetro, Cuboflash, emulsioni pancromatiche, Erwin Quedenfeldt, Exakta, fill-in, flash, General Electric, H. F. Talbot, Johannes Ostermeier, John Mc Clellan, lampada la magnesio, lampada Vakublitz, lampeggiatore, luce, magnesio, Paul Vierkotter, Philips, Photoflux, Sashalite, storia, transistor, zenon
Antico Flash alMagnesio
Sempre su una bancherella di un mercatino, un giorno ho trovato questo simpatico articolo : si tratta di un flash per macchina fotografica, marcato “G.Minisini” e brevettato e risalente alla fine del 1800.
Il flash o lampeggiatore è un apparecchio in grado di emettere lampi di luce per un breve lasso di tempo, in sincronia con il periodo di apertura dell’otturatore di una macchina fotografica.
Originariamente il flash era costituito da una torcia sulla quale era posta polvere di magnesio cui veniva dato fuoco per generare il lampo luminoso.
Attualmente impiega essenzialmente una lampada allo xeno.
Oggi in commercio è possibile trovare flash elettronici di varia potenza (espressa in numero guida o in Joule) e con molteplici funzioni, spesso regolate da centraline computerizzate, in grado di garantire la perfetta illuminazione
(more…)
24 Marzo 2010
Tags: Champagne, decortica, demaschiatura, fellogeno, femmina, Forest Stewardship Council, gentile, invecchiamento, isolante, maschio, Museo Del Vetro e Della Bottiglia, proprieta, Qualità FSC, quercia da sughero, Quercus suber, scorzini, sentore di tappo, storia, suberina, sugherete, sughero, sugherone, tappi, tappo a corona, tappo a vite, tappo di plastica, tappo di vetro
Attrezzo percreare tappi o guarnizioni di sughero
Ieri abbiamo parlato del cavatappi e della sua storia ( Vedi post ). E come vi avevo già anticipato, oggi parliamo del tappo.
Apriamo l’argomento con questo attrezzo dell’800, che serviva proprio per ritagliare tappi o guarnizioni di sughero il cui funzionamento è molto chiaro dalle immagini.
Forse qualche riflessione in più, è meglio farla sul materiale con cui vengono fatti i tappi e visto che la maggior parte sono fatti di sughero, parleremo anche di questo.
Proprio riguardo al tappo di sughero, il mondo del vino è precipitato in una profonda diatriba: c’è chi crede che sia l’unico sigillo valido da apporre alla bottiglia, e chi non è affatto dello stesso avviso e propone di fare un passo avanti nella tecnologia utilizzando qualcosa di più affidabile.
Del resto, per ottenere un prodotto enologico di qualità, è indispensabile miscelare sapientemente la competenza e le applicazioni tecnologiche con la poesia e la passione : la realizzazione di un vino non deve essere solo perfetto e prevedibile, ma con un’anima, capace di regalare emozioni.
Molte di queste innovazioni tecnologiche hanno riguardato nel tempo i contenitori utilizzati per contenere e trasportare il vino, così come lo strumento per sigillarli.
La bottiglia di vetro è stata importante nella storia del vino, poiché permette un invecchiamento a lungo termine del vino. Il vetro ha tutte le qualità richieste per una lunga conservazione: trasparente, igienico e riesce ad escludere completamente l’aria. Diede anche il via all’imbottigliamento diretto da parte del produttore, piuttosto che da parte del mercante di vino.
In precedenza il vino veniva venduto a barili (e ancor prima in anfore) ed eventualmente imbottigliato solo nella bottega del mercante. Le prime tracce storiche inerenti alle origini della bottiglia in vetro risalgono al I secolo d.C., quando nei territori siriani vennero realizzati, per la prima volta, piccoli contenitori di vetro tramite la tecnica del soffio nella pasta semi-liquida, che divergevano dai prodotti precedenti, tipicamente a forma di anfore e brocche e aventi pareti notevolmente più spesse a causa del procedimento tecnico tradizionale della colata del vetro in stampi….e da allora le cose non cambiarono poi di molto, tranne forse che per le forme e il colore.
Ricordo anche, come spiegato nel post di ieri, che per un certo tempo la bottiglia di vetro venne anche vietata per il commercio del vino.
Interessante sapere che esiste anche il “Museo Del Vetro e Della Bottiglia” a Sant’Angelo ScaloMontalcino (Siena).
A partire dalla metà del secondo millennio, invece, l’idea di usufruire della corteccia della quercia da sughero per garantirne la corretta conservazione nella chiusura, dischiuse scenari inimmaginabili
Antico attrezzoper creare tappi o guarnizioni di sughero
(more…)
19 Marzo 2010
Tags: Carabinieri, catenella, chiave, coercizione fisica, double-lock, lucchetto, manette, polso, serratura
Antiche manettea catenella
Antiche manette a catenella, ex dotazione delle forze dell’ordine dalla fine del 1800 a circa 30-40 anni orsono, complete di lucchetto e chiave.
Le manette sono uno dei mezzi di coercizione fisica, e rappresentano lo strumento finalizzato ad immobilizzare quei soggetti che sono potenzialmente od effettivamente aggressivi e pericolosi.
Non esiste legge o regolamento che indichi quando è opportuno o meno l’utilizzo delle stesse ma è l’interpretazione dell’agente operante l’elemento che innesca il processo della limitazione della libertà personale.
Già comunque nei regolamenti del 1911 dei Carabinieri ora non più in vigore si fanno notare i riguardi dovuti all’umanità !
Generalmente sono formate da due semi-strutture di forma ovoidale, collegate da una catena o da una sorta di cardine. Ciascuna semi-struttura ha un elemento rotante che si innesta su un settore dentato al fine di agganciare stabilmente ed in modo rapido e pratico il polso della persona. Senza chiave, il soggetto “vincolato” non riesce ad allontanare le mani una dall’altra per più che pochi centimetri, rendendo difficoltosa,
Antiche manettea catenella
(more…)
18 Marzo 2010
Tags: affilalamette, bachelite, centrifuga, cracola, raganella, Rotor, strocciarranas, Troccola
Affilalamette in Ferro e Bachelite Rotor
Vi avevo già parlato delle lamette da barba e delle collezionisti di lamette (vedi post) , e vi avevo già parlato di un affila lamette a corda in bachelite (vedi post) . Quindi oggi passiamo direttamente ad un nuovo articolo, un po’ particolare.
Si tratta di un altro affila lamette in ferro e bachelite ( vedi precedente posto cos’è la bachelite ) a centrifuga.
L’utilizzo di questo strumento è piuttosto semplice : si inserisce la lametta nell’apposita sede e la si blocca. A questo punto si inizia con il movimento delle mani a farlo ruotare. La lametta in questo modo si struscia sul pezzo in
bachelite e in questo modo si affila.
A dire il vero più che un affilalamette sembra
Affilalamette in Ferro e Bachelite Rotor
quasi una “raganella”.
Ve la ricordate ?
La raganella è uno strumento musicale idiofono dal suono simile al gracidio delle rane, da cui il nome.
È costituita da una ruota di legno dentata e montata su di un perno che serve da manico. Agitando il manico, la ruota gira, strisciando contro una lamina di legno o metallo e producendo il caratteristico suono. Assai diffusa come strumento popolare, la raganella è talvolta usata anche in orchestra. Usato anche durante la settimana santa, aveva la funzione di richiamare, di svegliare (more…)
16 Marzo 2010
Tags: buco, calzini, collants, cucire, di alabastro, di legno, ovetto, rammendare, riparare, uovo
L'ovetto dilegno per rammendare i calzini
Qualche giorno fa, mentre scrivevo l’articolo sulla macchina da cucire, quando parlavo delle giovani ( e forse anche meno giovani) d’oggi e della passione per il cucito, mi è tornato per la mente un oggetto che spesso appariva nei cestino per il cucito, in mezzo a forbici, ditali, aghi e fili vari, spille di sicurezza etc….
Parlo dell’uovo o ovetto per rammendare o riparare i calzini.
Ci sono ancora donne che lo usano?
A casa mia ho ancora quello di mia madre, ma mia moglie non l’ha mai adoperato (anche lei era una di quelle che non hanno questa passione).
Penso che ormai sia un oggetto di antiquariato e lo trattiamo per tale, certo che le nuove generazioni forse non sa a che cosa serve; quando al mercato vendono 3 paia di calzini a 4 euro, vale la pena ripare quelli rotti??
Con i tempi che corrono certamente si, ed in futuro ancora di più se continua così, per molte persone…
L'ovetto dilegno per rammendare i calzini
A volte nelle cucitura della punta dei calzini o nei talloni si creano dei buchi dovuti spesso (more…)
Older Posts »